Scoglio, sirena, scacco matto ( racconto breve)
- Gilda Di Nardo
- 17 mar 2017
- Tempo di lettura: 4 min

Oggi voglio raccontarti tutto Mario, se siamo amici devo farlo, devi sapere di più di me.
Ho smesso di contare i miei passi, non te l'ho mai raccontato eh? No, sei sempre stato tu il cantastorie tra noi, cantastorie e maestro di vita ma oggi potrei stupirti.
È una cosa che facevo da ragazzino, serviva a non guardarmi intorno, mi concentravo sul contare e tutto il resto rimaneva fuori dalla mia testa; ero solito contare i passi nei tragitti più abituali ( casa-scuola, casa-alimentari, casa-campo da basket) soprattutto se c'era qualcosa o qualcuno che mi inquietava. Quando ho lasciato il quartiere ho dovuto rinunciare a quest'abitudine, i percorsi erano diventati troppo lunghi e molti erano gli spostamenti in auto. Comunque è stato più o meno in quel periodo che ho capito che per sentirmi sicuro bastava escogitare un trucchetto mentale, un qualcosa che mi permettesse di chiudermi in me stesso e lasciare fuori ansie e paure. Oggi tutto va bene ma troppi sono stati i cambiamenti e gli scossoni negli ultimi tempi: il divorzio, il trasferimento qui sul mare, il nuovo lavoro e le mie caotiche e nuove relazioni. E così in questo periodo ho elaborato il mio nuovo antidoto per ansie e paure: ogni giorno alle tre del pomeriggio, dopo una mattinata d'ufficio, raggiungo a piedi questo scoglio, solo che, purtroppo o per fortuna, non riesco più a isolarmi come allora e così vengo qui e penso. Ogni giorno esco dal lavoro ed inizio a fissare il capanno che si intravede dall'inizio della strada, cammino come un automa senza pensare ad altro che a raggiungerlo. Una volta arrivato mi fermo più in là, sullo scoglio, devo avere almeno un quarto d'ora di solitudine e poi vengo a giocare a scacchi qui con te nel capanno. E lo sai a cosa penso da una settimana a questa parte? Alle donne della mia vita. A Paola che mi ha tradito, a Cinzia che diceva "è solo sesso tra noi" ma quando ha compreso che io mi ero sentito libero di stare con altre mi ha rigato la macchina, a Laura alla quale io dicevo che era solo sesso ma quando non mi ha più voluto vedere l'ho cercata per un anno, a Giovanna che ho messo a distanza non so neppure io perchè, alla mia ex moglie con cui volevamo costruire un futuro e abbiamo costruito solo errori, ad Ines che ho avuto una paura folle di avere vicino ma che ora è il mio più grande rimpianto... penso, penso, penso anche ad alcune di cui neppure ricordo il nome e, mentre penso, inizio a sentirmi una sirena. Lo so, lo so, dovrei dirti di sentirmi un tritone piuttosto, lo so che in mitologia sei preparato ma invece no a volte inizio realmente a credere che se continuerò a venire qui su questo scoglio e a pensare alla mie donne potrei diventare una sirena, una nostalgica e triste sirena. Avresti riso molto se te l'avessi raccontato qualche giorno fa ma oggi no, lo so che mi stai ascoltando, un ghigno appare sul tuo volto ma so bene che senti la profondità del mio pensiero. Comunque, io mi ritrovo a fare questo pensiero e a credere sul serio che potrei trasformarmi; non so perchè penso quast'assurdità ma so che succede e inizio a visualizzare l'immagine di me al femminile e con la coda da sirena, mi sono spaventato le prime volte che l'ho pensato, non capivo... ma ora mi fa solo sorridere l'idea. Sto pensando troppo alle donne della mia vita, è questa la verità... e quando ci penso provo a ricordare le loro parole, immagino cosa avranno pensato, quello che non mi hanno potuto o voluto dire e così immagino anche dialoghi che non possono più esserci e mi rendo conto che negli incontri a volte ci soffermiamo solo sul nostro punto di vista e li lasciamo intasarsi di errori di comunicazione e pesantezza, anche quando crediamo di essere frivoli.
Lo so, lo so che è una stupidaggine la questione della sirena ma in questi giorni è uno di quei giochi che mi permette di estraniarmi da tutto; certo, soffro a ripensare alle donne della mia vita ma evidentemente ne ho anche bisogno... sarà così... ho bisogno di rivedere più da vicino il mio rapporto col femminile... e poi credo che pensare a questa fantasia mi permetta di riempire il vuoto, il vuoto che hai lasciato tu andando via, il vuoto che avverto fortissimo quando mi manca il tuo "scacco matto", la tua inevitabile e puntuale mossa vincente finale. E così, da quando sei andato via papà ho anche iniziato a giocare da solo la partita che eravamo soliti giocare qui nel capanno e alla fine, sempre da solo, immaginando il tuo volto, pronuncio un pacato ma deciso "scacco matto", proprio come facevi tu, non è lo stesso ma per ora funziona. Per oggi non ti annoio più papà, ti ho detto abbastanza spero tu possa sentirmi, torno a casa adesso, ti saluto ma tanto torno qui domani e, capito? Hai capito che oramai non conto più i miei passi? Ora ho un nuovo gioco per non pensare pensando: scoglio, sirena, scacco matto.
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