L'impostore che non c'è
- Gilda Di Nardo
- 25 gen 2017
- Tempo di lettura: 3 min

Volutamente nel titolo non ho parlato di sindrome dell'impostore, perchè il mio intento qui non è descrivere tale sindrome nei dettagli ( N.B.: "Sindrome dell’impostore" è un modo informale e non tecnico per definire la strana condizione mentale di chi, avendo ottenuto ampi e ripetuti riconoscimenti del proprio valore e una meritata dose di successo, di quel successo si sente indegno o immeritevole, e continua a sentirsi così nonostante ogni oggettiva evidenza contraria) bensì riflettere, a partire da caratteristiche di tale sindrome, su quante volte può capitare di remarsi contro, di crearsi un cosiddetto "impostore interno", credere che qualcuno capirà che non siamo in grado, che non siamo all'altezza, che siamo degli impostori insomma ma in realtà ci stiamo creando da soli una trappola fatta di ansia, paure e artificiosi e rigidi schemi mentali. Sia chiaro può succedere a tutti di non sentirsi all’altezza delle attese o della percezione altrui, soprattutto a chi è più portato all’introspezione e al pensiero critico (e autocritico) ed anche l'educazione ricevuta, la cultura in cui si vive hanno il loro peso in questi vissuti; talvolta però tale atteggiamento sfocia in un vero e proprio auto-sabotaggio, che può impedire di progredire. La sensazione costante e pesante è che l'eventuale vittoria o successo sia la conseguenza di una sere di fattori esterni e che non c'è nessun merito e quindi nessuna capacità di autodeterminazione. Questo genere di sentimenti caratterizzano appunto la cosiddetta sindrome dell'impostore, descritta per la prima volta nel 1978 dalla dottoressa Pauline Rose Clance e dalla dottoressa Suzanne Imes della Georgia State University nel paper, "The Imposter Phenomenon in High Achieving Women: Dynamics and Therapeutic Intervention." La Clance e la Imes hanno raccontato il fenomeno basandosi sulle esperienze di donne che avevano raggiunto traguardi importanti (come un alto rendimento scolastico e una buona realizzazione professionale), ma che non si ritenevano meritevoli del loro successo, bollato come un semplice colpo di fortuna. In anni più recenti è stato chiaro che questi pensieri non appartengono solo alle donne e che la sindrome dell'impostore si manifesta negli individui attraverso una serie di ragionamenti concatenati tra loro. In un articolo del 2011 pubblicato sul International Journal of Behavioral Science, degli psicologi Jaruwan Sakulku e James Alexander, provenienti rispettivamente dalla Thailandia e dall'Australia, i due portano avanti una meta-analisi sugli articoli che riguardano la sindrome dell'impostore, sui fattori che contribuiscono a scatenarla e su alcune delle sue conseguenze psicologiche. La loro analisi mostra che la sindrome dell'impostore, o "imposterism," è rilevabile in molti gruppi: uomini, donne, studenti universitari, accademici, studenti di medicina, marketing manager e assistenti dei medici. Di fronte a un "compito che comporta il raggiungere un successo," molti tra noi, con tendenze a viversi come impostori, si preparano eccessivamente o procrastinano e se dopo essersi preparati eccessivamente, raggiungono l'obiettivo, si dicono che è solo grazie all'enorme sforzo mentre se il successo viene raggiunto nonostante la procrastinazione, invece, viene attribuito alla fortuna. In entrambi i casi, le loro capacità e talenti vengono svalutati, consentendo alle sensazioni di insicurezza di continuare a svilupparsi, nonostante i successi ripetuti. L'American Psychological Association ha delineato un percorso per combattere i sentimenti di sindrome dell'impostore pensato per gli studenti universitari, tuttavia, le sue raccomandazioni sono valide anche per la maggior parte delle altre persone. Alcuni dei passaggi includono: rivolgersi agli altri per ottenere aiuto, ricordarsi delle proprie esperienze passate e riconoscere l'imperfezione come una componente naturale. Si tratta di un approccio di terapia cognitivo-comportamentale (CBT), nel quale immergersi nel "perché" dei propri pensieri e paure per modificare i proprio comportamenti, inoltre molto spesso in terapia l'obiettivo diviene quello di aiutare l'individuo a cercare la propria approvazione all'interno di sé e preoccuparsi meno di come viene percepito dagli altri. Mi fermo qui sperando che questo breve excursus sulla sindrome dell'impostore sia stato utile indipendentemente dal fatto di soffrirne direttamente, semplicemente perchè apre una finestra sul fatto che se assecondiamo troppo la nostra insicurezza,le nostre ansie, la nostra paura del giudizio altrui limitiamo la nostra dimensione di successo e, ancor prima e soprattutto, di benessere.