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Un ponte tra gli opposti

C'è silenzio.

C'è sempre silenzio in questa parte della città che pur pare urlare per quanto sono intensi il suo declino, la sua maestosità e la sua oscurità. Più che da persone sembra animata da fantasmi che poi come d'improvviso, in certi orari, si riversano in strada. In fin dei conti è come se mi sentissi in buona compagnia: fantasmi di chi ha vissuto ed è morto in questa città avvelenata, anime in attesa di diventar fantasmi e che come tali hanno sempre vissuto, anime in pena (proprio come me) e anime dimenticate o schiacciate dalla presunta superiorità dell'altra parte dellla città.

Cammino per strada e sento gli odori: il mare, lo smog ed altre sensazioni olfattive contrastanti e non ben decifrabili mi catturano. Ho lavato la macchina, mi sono vestita elegante, oggi è un giorno importante: ho una missione da portare a termine al più presto, devo farcela.

Ora che sono fra queste mura, per molti anche un pò inqueitanti, io mi sento come confortata, sento che sto facendo qualcosa di positivo.

Continuo a camminare, tutto l'acciaio respirato in questi anni mi sta indebolendo sempre più, ma non può frenarmi, posso farcela e ho solo pochi giorni per continuare.

Sono vicino a via Duomo, qui è difficile procedere in macchina, mi fermo e scendo, le ultime tappe dovrò farle tutte a piedi. Per qualche assurdo motivo mi sto divertendo, sento che mi sto affermando, sto dicendo la mia, fosse anche l'ultima cosa che dico. Prima di riprendere l'auto scendo verso discesa Vasto mi fermo un pò a riposare e a scrivere, quando cammino mi stanco molto oramai. Osservo il mare, le ciminiere che ancora sputano veleno e le due parti della città unite dal ponte.

Mi sembrano due sorelle simili e diversissime, belle entrambe, ma doloranti, ferite, devastate e tradite. Le immagino dialogare: in un gioco di reciproche accuse e imbarazzanti complimenti, si arrabbiano, si inorgoliscono e poi si deprimono, piangono; è anche di queste lacrime che è fatto questo mare.

Torno in macchina, sento che devo proprio rientrare e mettermi a letto, non ho più forze.

Eccomi, finalmente a letto, ma non riesco a smettere di pensare al mio progetto e così, per quanto le energie vengano meno, disegno immagini di questa città, scrivo frasi, cerco storie moderne e antiche, ritaglio foto. E tutto mi sembra meraviglioso e inquietante al contempo: da un lato la mancanza di soluzioni e di speranza, mi sembra affosare me stessa e questa città; dall'altro la vitalità del mare, i sorrisi, la confusione creativa, il cibo incredibilmente buono al di là dell'inquinamento, la disponibilità delle persone mi fanno credere che tutto, anche la mia condizione e il mio progetto, abbiano un senso. E così mi addormento sognando un futuro migliore.

Mi sveglia l'infermiera, è il momento della flebo; filosofeggio un bel pò in attesa che la flebo termini e dal mio filosofeggiare viene fuori un'immagine che voglio imprimere sul quadro: la città degli opposti, si sarà questa l'immagine guida dell'enorme tela che sto realizzando. In questi giorni ho dovuto chiedere a un mio vecchio studente di venirmi ad aiutare a dipingere, perchè salire sulla scala per dipingere richiede molta energia, ed io non l'ho più. Ma oggi penso che sia anche meglio che non dipinga tutto io, si forse chiamerò altri studenti o anche aiutanti improvvisati; si, ora che ci penso forse è meglio così, deve essere un quadro collettivo con tecniche miste, ha più senso in questo caso, ma mi devo sbrigare. Ognuno metterà sulla tela ciò che vede di questa città e sarà importante farlo. Domani devo continuare il mio giro, devo alzarmi ancora prima stavolta, è giorno di mercato e gli ambulanti arrivano presto, non voglio essere vista, un pò perchè non voglio svelare il progetto (altrimenti sono certa che mi fermerebbero) e un pò perchè, per quanto mi vesto sempre per bene in fin dei conti non sono più un bello spettacolo...c'è poco di bello in un corpo che si sta preparando a lasciare la vita.

Ecco un nuovo giorno. Stamattina, sarà che sto morendo, ma sono arrabbiata. La Sacra Corona, il clientelismo, la falsità del perbenismo, l'illusoria speranza nell'acciaio, la disorganizzazione, gli intrighi politici, l'espansione militare sul territorio e le convenienze economiche, non riesco a vedere l'altra faccia della medaglia e così mi alzo e per prima cosa dò un pugno all'enorme tela che sto dipingendo. E sia! Anche questo strappo farà parte del risultato finale della teal, la rabbia serve e forse questa città non l'ha mai espressa abbastanza.

Nonostante la negatività, procedo col mio giro e come temevo oggi qualcuno mi ha visto, ma è andato tutto bene, anzi ho trovato un nuovo aiutante per la tela, ha capito il mio progetto.

Domani non credo però di riuscire nuovamente a guidare, devo chiedere a Nino di aiutarmi, sarò con lui, ma credo dovrà guidare e sistemare i quadri tutto da solo. Per fortuna il giro dei quadri è quasi terminato. Ora ho bisogno di dormire. Mi sveglio e dipingo un pò sulla tela grande: due donne, una vestita in bianco ed una in nero, una bionda ed una bruna, sorridono ma hanno un coltello nel petto dove la ferita lascia intravedere una ciminiera fumante, sono davanti al mare.

Per fortuna arrivano due dei miei aiutanti e continuano a dipingere sulla tela, io devo fermarmi.

E' di nuovo mattina, arriva Nino, mi accompagna e sistema gli ulltimi dieci quadri, finalmente almeno questa parte del progetto è finita. Mi sento sollevata, ma sento che faccio fatica anche e solo a respirare e i dolori non mi lasciano neppure un attimo oggi.

Rientro e trovo quattro dei miei aiutanti al lavoro sulla tela. Ho ceduto, gli ho urlato di andare via e mi son buttata sul letto. Quando sono riuscita a calmarmi c'erano solo Nino e l'infermiera vicino a me sul letto, ma gli altri erano ancora lì al lavoro, gliene sono riconoscente.

Ora, cara sorella, ogni volta che ho creduto che fosse arrivato per me il momento, ho scritto una pagina del genere rivolta a te qui nel mio diario, e fin ora l'ho sempre strappata. Ma stavolta credo che ci siamo davvero e se mi stai leggendo vuol dire che io non ci sono più, quindi, per favore, presta attenzione e accogli le mie richieste se riesci davvero a comprenderle. Non voglio falsità, se le consideri inutili, straccia tutto, ma prima ti racconto parte di questa storia.

Da sei mesi ad oggi, da quando ho saputo che il cancro non mi avrebbe più lasciato ho rintracciato tutti i morti di tumore degli ultimi dieci anni della città e vicino ogni palazzo, vicino ogni casa che li ha ospitati, ho piazzato per strada un quadro, ogni quadro è diverso, su alcuni c'è scritto " mi hai ucciso", su altri "se mi vedi ho vinto io" e altre frasi simili; alcuni sono un insieme di immagini e scritte di orgoglio rivolte alla città, altri urla di dolore, altri di speranza, dipende dalla mia ispirazione del momento. Tutti i quadri sono riconoscibili dallo stile, numerati e dedicati, ma non firmati. Ti immagino chiedermi col tuo sorrisetto ironico"ma sei diventata un'artista di strada, una graffitara o cose simili?", e la mia risposta è: chiamami come vuoi ma cerca di comprendere il mio progetto. Ascolta, so che io e te siamo sempre state distanti, opposte: tu razionale, io emotiva; tu organizzata, io estemporanea; ma ad entrambe hanno provato a far fare una strada che non volevamo e noi siamo andate oltre le imposizioni, ce l'abbiamo fatta, siamo andate sulla nostra di strada, ognuna di noi ha percorso la sua originale e sentita strada. Perciò, proprio perchè so quanto anche tu come me sai quanto faticoso sia stato, ti chiedo, aiutami ad aiutare questa città che ancora non ha trovato la sua di strada e troppe volte è stata tradita e deturpata. Per te un quadro è un qualcosa di superfluo, insignificante, ma per me no e soprattutto credo che per questa città possa avere un valore profondo. Lo so, sarai perplessa, ma perfavore se fosse anche e solo un mio delirio legato alla malattia, in questo momento per me è importante, valuta almeno la mia proposta perchè io so che non potrò portarla a termine questa impresa. L'arte in questi ultimi mesi è stato il mio unico motivo di vita, recuperare la memoria su questa città, ridare vita attraverso i quadri a tutti coloro che hanno patito come o più di me, conoscere nuovamente le strade e i volti di questo borgo di mare, sono stati per me un modo emozionante di salutare la vita e soprattutto di immaginare che per gli altri sia possibile qualcosa di meglio. Perciò, che tu voglia farlo attraverso canali ufficiali o meno, ti prego, una volta finita, fai in modo che la tela gigante venga esposta, dai spazio e voce a questa meravigliosa città degli opposti. Ti prego sorellona, so che tante cose ci hanno separato in vita e su tante cose siamo sempre rimaste distanti, ma so anche che tu come me, tante volte, ti sei ritrovata a riflettere sulle dimensioni di contrasto di questa città, sulla difficoltà di immaginare soluzioni e perciò, ti chiedo, non ci arrendiamo a questa forma di cancro, il più mortale dei mali non è quello che ti uccide ma quello che ti toglie la speranza. Piuttosto che all'apatia, piuttosto che all'impotenza, affidiamoci all'arte, lanciamo assieme un urlo di creatività per questa città degli opposti. Io ora devo lasciarti, accompagna i miei aiutanti e la mia tela verso il giusto traguardo, se vuoi. Non so dove sto per andare, ma voglio andarmene pensando al mare, ciao.

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